L’Immagine Latente, fotografie di Teresa Mancini

Latente quindi visibile-invisibile, perché è la velocità della luce o di un essere umano, a fornirci un infinito caleidoscopio di ricorsi e rimandi inconsci nel nostro osservare.

L’Immagine Latente Mostra fotografica* di Teresa MANCINI

Inaugurazione mercoledì 1 marzo 2017 ore 18,00
Presentazione delle fotografie con performance del mimo Romano Rocchi

SPAZIO MOVIMENTO  Via Costantino Beltrami 25, 00154 Roma
Dal 1 Marzo al 1 Aprile 2017 – Orario di apertura: dal Lunedì al Venerdì h 15.00 – 20.00
Per info: Tel. 06.57136737 – spaziomovimento@gmail.com

Da sempre consideriamo il fare cultura parte di un più ampio progetto che ponga al centro degli interessi generali la realizzazione di crogioli, fucine entro cui elaborare idee, ricostituire potenzialità e interazioni del sapere, sviluppare pensieri e dinamiche creative.

Riteniamo che la cultura possa sempre avere una forte e concreta valenza terapeutica, sia curativa nell’aiutare a ricostruire le mappe personali del sapere, sia preventiva per scongiurare quel desolante analfabetismo moderno che sempre più si configura come la decadente incapacità nel capire. E tutto ciò è necessariamente parte integrante della salute di ogni singola persona umana.

E’ in tale senso che proponiamo oggi ai nostri iscritti la bella mostra fotografica di Teresa Mancini, illustre e brava fotografa italiana la cui capacità artistica è particolarmente ricca di significati e contenuti culturali da esprimere.

Teresa è amica dell’Istituto SIMOH e di Spazio Movimento e la sua ricca opera artistica sembra perfettamente calarsi in ogni momento in quel concetto dinamico, vibrazionale e costruttivo ad un tempo che segna proprio l’azione e gli intenti di entrambe le nostre strutture nei diversi campi d’azione.

Ma l’inaugurarsi di questa mostra è segnato da un ulteriore elemento di estremo valore e grande pregio, legato all’opera e alla persona del grande mimo italiano Romano Rocchi, che da oggetto artistico ritratto da Teresa Mancini, è soggetto fortemente attivo di quest’opera fotografica, riuscendo con le qualità artistiche della sua performance illustrativa ad esprimere in modo dinamico non solo i contenuti culturali colti da Teresa Mancini, ma lo stesso processo che li ha generati.
Siamo particolarmente lieti, quindi, di poter ospitare nella nostra sede quest’opera fotografica, contribuendo così a porre in evidenza attraverso le capacità di due grandi artisti a tutto tondo, i temi del movimento e dello spazio che insieme a quelli del tempo e della memoria costituiscono proprio i filoni centrali della nostra mission nei diversi campi.

A Teresa Mancini e a Romano Rocchi va il nostro grazie più sentito per questa preziosa opportunità.
F.to Marco Cesarini con l’Equipe di Spazio Movimento

*[8 stampe fotografiche digitali a colori, montate su piuma] [La mostra è stata presentata nel 2011 in Italia a Pordenone, in Ungheria a Kormend e in Polonia a Czestochowa]

“L’immagine latente”
Il lavoro fotografico di Teresa Mancini rientra, a pieno titolo, in una nuova filosofia della fotografia che si è andata affermando negli ultimi anni. Vale a dire quella tendenza scaturita dall’avvento del sistema digitale, nonché dall’irruzione sulla scena di un considerevole numero di autrici donne; grazie a queste, e non agli autori uomini, oggi possiamo leggere nuovi linguaggi fotografici e spingerci verso territori dell’immagine un tempo sconosciuti. Operazione tutt’altro che semplice e spesso priva della necessaria lucidità: se da un lato è più facile superare la “tirannide” maschile del reportage, uguale per il ripetersi di guerre, violenze e catastrofi della natura, dall’altro il rischio è di rincorrere uno sperimentalismo che a volta finisce per fare il verso a se stesso.

La qualità, e il merito, delle immagini di Teresa Mancini non ricadono nella standardizzazione dello sguardo cui accennavo prima; ma trovano un loro raggio d’azione fotografico ben delimitato e per questo autonomo. L’intensa performance del mimo Romano Rocchi, forma il corpus di questa mostra dal titolo “L’immagine latente”.

Latente, quindi visibile-invisibile, perché è la velocità della luce o di un essere umano, a fornirci un infinito caleidoscopio di ricorsi e rimandi inconsci nel nostro osservare. Con un campo visivo misteriosamente alterato: il senso estetico delle composizioni di Teresa Mancini si concentra su una destabilizzazione di linee luminose o nella fuggevolezza dei movimenti del corpo. Lo sguardo rimbalza da una parte all’altra; non vi è più la classica profondità di campo di accademico precetto, ma l’osservatore è simmetricamente speculare all’unico piano focale dettato dalle vibrazioni della luce o della carnalità.

E’ fuor di dubbio che quest’uso del mosso riporta, per un’astrusa bizzarria della storia dell’immagine, agli intendimenti del fotodinamismo futurista o alla scrittura automatica (in questo caso della luce) dei surrealisti. Di certo è ancora troppo presto per storicizzare le nuove avanguardie dell’arte fotografica: ma se il problema della fotografia contemporanea è quello di saper creare “nuove fotografie”, l’opera di Teresa Mancini ne è interprete e protagonista, con un originalissimo picture style intriso di grande emotività.

di Andrea Attardi
[Fotografo – Docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Roma] Roma Gennaio 2011]

Percorsi

Romano Rocchi
“Può essere illustrata una storia verbale? Direi di si. Perché non ballare un quadro? Che cos’è, cattiva abitudine, danzare solo musica? Certi tragitti sono più difficili di altri. In tempi di novità la scommessa delle espressioni più è difficile più è ragionevole. Risponde a qualcosa, una verità da dirsi, che è stata castigata, uno spunto che ha  probabilità di chiarirsi, ora sepolto da qualche pregiudizio in letargo…”  –  “I linguaggi visti come pura attitudine rubano all’espressione il tema che è l’essere e la natura della creatività stessa. Un tentativo di riaccostare o far uso simultaneo di più linguaggi espressivi può ragionevolmente vedersi come il tentativo di ricomposizione dell’essere.”
FABIO MAURI – Riflessioni antiscentifiche 1984 – per “Suicidio Rosa” – Arti Visive in Teatro –  di Romano Rocchi